Approfondimenti
“Una malattia si definisce “rara” quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, non più di 1 caso ogni 2000 persone.
Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate è di circa 10.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e circa 30 milioni in Europa. [Fonte: Eu Commission]
In base ai dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola.
Il 20% delle patologie coinvolge persone in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni). In questa popolazione di pazienti, le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e i disturbi immunitari (20%).
Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) o del sangue e degli organi ematopoietici (18%). [Fonte: ISS 2015]
Fibrosi polmonare idiopatica
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia rara del polmone, la cui causa esatta resta tutt’ora ignota (da cui il termine idiopatica).
Nell’IPF, si verifica una modificazione nei normali processi di guarigione del polmone, con una eccessiva produzione di tessuto cicatriziale che va a sostituire gradualmente i piccoli “ sacchetti ” dei polmoni chiamati alveoli.
Sfortunatamente, non si manifestano sintomi di questa modificazione fino a che il tessuto cicatriziale non si sia accumulato nei polmoni, compromettendo la respirazione.
Nel tempo tale processo di cicatrizzazione peggiora, i polmoni si fanno più rigidi e respirare diventa difficile.
Il paziente percepirà così una progressiva mancanza di fiato.
Sintomi
I sintomi tipici sono:
- Tosse cronica generalmente secca o con scarsa espettorazione
- Mancanza di fiato, che si manifesta svolgendo alcune attività fisiche, che non causavano tale disturbo in precedenza
Con il passare del tempo i sintomi peggiorano: la tosse è più frequente e la mancanza di fiato è presente anche a riposo, fino ad avere difficoltà ad alimentarsi o semplicemente parlare al telefono.
Purtroppo, è noto che dal momento dell’inizio dei sintomi alla diagnosi definitiva di IPF possono trascorrere anni, è quindi molto importante ricorrere al medico curante appena si manifestino i primi sintomi per procedere agli accertamenti del caso. Va, comunque, tenuto presente che i disturbi sopra descritti (tosse e mancanza di fiato) possono essere presenti anche in altre malattie respiratorie.
La diagnosi
Esistono molte altre malattie polmonari che provocano sintomi simili a quelli della fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Lo specialista in Malattie dell’apparato respiratorio (Pneumologo), dopo una attenta valutazione potrà far eseguire al paziente un adeguato iter diagnostico. Sono disponibili numerosi tipi di indagini utili per arrivare ad una diagnosi corretta:
- Esame obiettivo (rilevazioni di crepitii tipo velcro mediante auscultazione, riscontro di una colorazione violetta o bluastra della pelle e delle unghie, di una deformazione delle estremità delle dita (dette a bacchetta di tamburo) e di unghie ingrandite a forma di vetrino di orologio (ippocratismo digitale);
- Spirometria;
- Radiografia del torace;
- Tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) senza mezzo di contrasto;
- Test del cammino dei 6 minuti (6MWT);
- Broncoscopia;
- Biopsia polmonare chirurgica.
Ricerca Scientifica
Sviluppo DB Clinico-Radiologico per pazienti affetti da malattie rare dell’apparato respiratorio;
- Multidisciplinary Meeting 2018 10-14 gennaio 2018;
- gestione del Database ILD dell’ UO Pneumologia al fine di integrare l’assistenza sanitaria all’attivita di ricerca clinica, mediante l’inserimento della figura di Data Manager;
- Progetto di studio retrospettivo su dati pazienti degli ultimi 15 anni, in collaborazione con UO Pneumologia Forlì;
- Supporto costante all’UO di Pneumologia di Forlì per l’impegno nella Ricerca Scientifica
A partire dal 2008 AMMP ha sostenuto la Ricerca Scientifica attraverso la donazione diretta all’UO di Pneumologia di Forlì di strumenti importanti per il trattamento e la diagnosi come
la CRYO SONDA strumento diagnostico utilizzato per prelevare piccole porzioni di tessuto polmonare e aiutare i medici nella diagnosi di malattie dell’interstizio polmonare riducendo gli effetti collaterali per il paziente;
il POLISONNIGRAFO dedicato allo studio dei problemi respiratori notturni per supportare lo sviluppo metodiche diagnostiche a minor impatto per i pazienti;
la CABINA PLETISMOGRAFICA dedicata alla diagnostica per lo stato di salute dell’apparato respiratorio dei pazienti, strumento centrale per l’attività diagnostica dell’UO di Pneumologia di Forlì;
applicativi software dedicati alla raccolta di informazioni cliniche e l’istituzione di Borse di Studio dedicate a Data Manager per il supporto alle componenti sanitari nel loro fondamentale lavoro di Ricerca che ogni giorno mettono in atto.
Prevenzione
Le patologie che colpiscono l’apparato respiratorio hanno insorgenza rapida ed è possibile attuare la loro prevenzione prendendosi cura dei propri polmoni e del proprio corpo.
L‘attività fisica, per esempio, garantisce ai polmoni, oltre che all’intero fisica, di restare in forma.
Anche l’alimentazione può ricoprire un ruolo importante. E’ difatti noto che l’adozione di un’alimentazione adeguata, talvolta personalizzata in base a specifiche esigenze del paziente, e di un corretto stile di vita, consentano di migliorare le condizioni di salute dei pazienti con patologie respiratorie e quindi la loro qualità di vita.
L’attenzione a una dieta sana è particolarmente importante nelle malattie polmonari.
Diversi studi hanno dimostrato che in circa un terzo dei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF) presenti uno stato di malnutrizione, intesa come la combinazione di una o più caratteristiche quali: perdita di peso non intenzionale, basso indice di massa corporea (bmi) o massa muscolare ridotta che portano ad una ridotta funzione fisica e mentale. La malnutrizione può derivare, ad esempio, dall’incapacità di mangiare (a causa di anoressia, nausea e vomito), dalla compromissione dell’assorbimento, dal metabolismo alterato e ipercatabolico.
SPIROMETRIE A CAMPAGNA AMICA
- 6 incontri presso la sede di Campagna Amica di Coldiretti a Forlì
Punti informativi organizzati dai volontari insieme ai medici della Pneumologia per effettuare spirometrie gratuite alla cittadinanza.
Centri IPF
Fino a qualche anno fa non esistevano delle cure specifiche ed efficaci per i malati di IPF. I pazienti venivano curati con farmaci a base di cortisone (che riduce l’infiammazione che può essere presente a livello polmonare). In alcuni casi, lo steroide era associato a farmaci che diminuiscono le difese immunitarie (come l’azatioprina e la ciclofosfamide). Solo una piccola percentuale di malati, però, traeva giovamento da queste cure, probabilmente quei pazienti che non erano affetti dalla vera IPF ma da forme di fibrosi simile.
Nelle persone di età inferiore ai 65 anni, quando la cura medica non portava benefici, il trapianto polmonare rappresentava l’unica concreta valida alternativa.
Fortunatamente la ricerca scientifica ha fatto passi in avanti e nel corso degli ultimi 10-15 anni sono stati condotti diversi studi randomizzati, multicentrici, internazionali ed in doppio cieco (quindi studi scientificamente ben condotti) che hanno permesso di arruolare un elevato numero di pazienti e che hanno valutato l’efficacia di diversi farmaci.
Questo grande sforzo di ricerca ma anche economico ha portato alla recente approvazione di due farmaci antifibrotici (pirfenidone e nintedanib) da parte di EMEA (Agenzia Europea del Farmaco), FDA e AIFA che hanno dimostrato di rallentare la progressione dell’IPF.
Il pirfenidone è una molecola con svariate proprietà anti-proliferative, anti-infiammatorie ed anti-ossidanti. Approvato già nel 2008 in Giappone in seguito ai risultati positivi di uno studio giapponese, gli studi europei ed americani (studi CAPACITY) hanno confermato un rallentamento nella progressione della malattia ed hanno portato all’approvazione del pirfenidone da parte dell’EMEA come primo farmaco indicato nella terapia della fibrosi polmonare lieve/moderata in Europa nel 2011. AIFA ha recepito le direttive di EMEA nel 2013 autorizzando la terapia con pirfenidone in Italia nei pazienti con IPF con meno di 80 anni e con forme lievi/moderate (con valori spirometrici di FVC ≥ 50%, DLCO ≥ 35% ed in grado di percorrere almeno 150 metri al test del cammino).
Il nintedanib (BIBF 1120) è una piccola molecola che inibisce l’attività di alcune tirosinkinasi (con una selettività particolare per il recettore del fattore di crescita dell’endotelio vascolare, del fattore di crescita delle piastrine e dei fibroblasti) che intervengono nella patogenesi della malattia. Questa molecola ha dimostrato prima in uno studio di fase 2 (studio TOMORROW sulla tossicità del farmaco) di ridurre in modo significativo gli episodi di esacerbazione acuta di malattia e rallentare la progressione della malattia; quindi in uno studio di fase 3 sull’efficacia della molecola (studio INPULSIS) ha confermato il rallentamento nella perdita di FVC. Il nintedanib è stato approvato da EMEA nel 2015 e da AIFA ad aprile 2016. AIFA ha autorizzato la terapia con nintedanib nei pazienti con IPF con FVC ≥ 50% e DLCO ≥ 30%.
Entrambi i farmaci hanno dimostrato un buon profilo di tollerabilità anche nell’assunzione a lungo termine.
Effetti collaterali più frequenti sono: diarrea (principale effetto collaterale del nintedanib), nausea, vomito, stanchezza, calo di peso; il pirfenidone inoltre è associato ad eventi di fotosensibilizzazione per cui si raccomanda di evitare l’esposizione solare e, prima di esporsi al sole, un’ adeguata protezione della cute con creme solari protettive.
Inoltre i pazienti che iniziano una terapia con antifibrotici devono eseguire regolarmente degli esami ematici per valutare la funzione epatica con particolare frequenza (mensile) nei primi 3-6 mesi di terapia.
Studi preliminari suggeriscono che una terapia di associazione con nintedanib e pirfenidone è ben tollerata e potrebbe ulteriormente migliorare il rallentamento della progressione della malattia.
Pirfenidone e nintedanib sono sottoposti ad un particolare regime di controllo da parte di AIFA e possono essere prescritti e dispensati solo tramite strutture ospedaliere riconosciute a livello regionale.
Nelle forme che non rispondono alle terapie antifibrotiche o per i pazienti che non tollerano queste terapie in cronico il trapianto di polmone rimane una soluzione percorribile, nei casi in cui vi è indicazione (tra i criteri per l’inserimento in lista trapianto è necessaria un’età < 65 anni).
La riabilitazione respiratoria è considerata sempre utile per migliorare la performance respiratoria e la tolleranza allo sforzo.
Come si cura
Il paziente affetto da IPF deve essere inserito in un piano di monitoraggio attento e frequente, con controlli clinico-funzionali periodici (in genere trimestrali o semestrali) che servono per valutare lo stato della malattia, la tolleranza e la aderenza alla terapia. Per progressione di malattia si intende un peggioramento delle prove di funzionalità respiratoria ed in particolare una riduzione della capacità vitale forzata (FVC) ³ 10% e/o della DLCO ³ 15% in un anno.
Anche un peggioramento dell’emogasanalisi, del test del cammino (in termini di desaturazione e/o distanza percorsa) o della sensazione soggettiva di dispnea indicano una progressione di malattia. È bene inoltre eseguire una HRTC torace annualmente per valutare la progressione radiologica o la comparsa di possibili complicanze (tipo tumore del polmone).
La TAC del torace viene inoltre eseguita in caso di peggioramenti acuti della malattia. In caso di comparsa di comorbidità o complicanze potrebbero rendersi necessarie ulteriori indagini.